Il nuovo Ministero della Transizione ecologica è la grande novità sul fronte della tutela ambientale di questo governo. Ancora i dettagli che abbiamo sono pochi, ma le personalità e i progetti in campo ci lasciano sperare per il meglio: transizione ecologica per noi significa molte cose, dalla transizione energetica, alla tutela del territorio e alle azioni contro il dissesto idrogeologico, dalla conversione delle industrie inquinanti fino a un nuovo sviluppo che metta al centro la sostenibilità come valore e non come un fardello da aggirare.
Cosa dite, le nostre attese sono troppo ambiziose? Speriamo proprio di no.
Cosa sappiamo del futuro Ministero della Transizione Ecologica fino adesso
Che la tutela dell’ambiente avesse un posto d’onore nel Next Generation UE (quello che in Italia chiamiamo Recovery Plan o Fund) era già questione nota, dato che la linea generale data dall’Europa è quella di improntare gli investimenti per la ripresa ai valori del Green Deal europeo.
La notizia inaspettata, però, è stata quella di settimana scorsa quando, in piene consultazioni, Donatella Bianchi, presidente del WWF Italia, appena concluso l’incontro con Mario Draghi ha annunciato la creazione di un Ministero della Transizione ecologica: un po’ perché caldeggiato da anni dalle associazioni che si occupano di ambiente, la nascita di questo nuovo ente è stata una delle poche notizie trapelate prima che Draghi sciogliesse le riserve e accettasse l’incarico a formare un nuovo governo.
Questo annuncio, seguito anche da un commento molto positivo sull’atteggiamento di Draghi verso la questione ecologica, ha portato l’attenzione di tutti su questo tema, sottolineando ancora una volta come l’ambiente, la sua salubrità e la sua tutela siano aspetti imprescindibili per uno sviluppo di successo delle attività umane.
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Come funziona il Ministero della Transizione ecologica all’estero
L’idea di questo super ministero è mutuata dalle istituzioni che già vantano due altri paesi europei:
- La Francia di Emmanuel Macron ha dato vita al Ministero della Transizione ecologica presieduto da Barbara Pompili. Si tratta dell’evoluzione del ministero dell’ambiente istituito nel 1971 che già aveva assunto diverse denominazioni spostando il centro della sua azione sempre più verso lo sviluppo sostenibile fino alla transizione ecologica di oggi. Il cambiamento non ha riguardato soltanto il nome del ministero, ma anche la sua importanza: pian piano infatti ha assorbito anche le competenze sui trasporti, sull’energia e sul clima
- Anche la Spagna nel 2018 ha istituito un Ministero per la Transizione ecologica, affidato a Teresa Ribera Rodriguez. Qui invece l’idea alla base del dicastero è legata ad alcuni scopi ben precisi, portare al Congresso una legge sui cambiamenti climatici ed elaborare un piano energetico per i prossimi 10 anni da presentare alla Commissione Europea
Il dissesto idrogeologico dovrebbe essere uno dei primi temi da considerare
Cosa possiamo aspettarci dal Ministero della Transizione Ecologica qui in Italia
Per adesso non ci sono molti dettagli concreti, ma quello che è lecito aspettarsi è che questo Ministero venga creato per indirizzare adeguatamente gli investimenti che sono a nostra disposizione verso un vero cambiamento del sistema economico, facendo scelte che impatteranno sulla nostra vita e sul futuro dell’Italia come mai prima. Investito del nuovo incarico di Ministro è il fisico Roberto Cingolani, fino a poco fa membro del consiglio di amministrazione di Ferrari e di illycaffè e responsabile dell’innovazione di Leonardo. Sicuramente una figura tecnica di grande caratura, Cingolani è anche un apprezzato divulgatore scientifico e ha fatto parte della task force voluta da Conte nella primavera scorsa: oggi lo attendono numerose sfide, tra cui le principali contiamo la transizione energetica basata sulle rinnovabili, lo stimolo all’economia circolare, trovare una quadra per una mobilità a emissioni zero.
In una lettera aperta di Donatella Bianchi pubblicata sulla Stampa di venerdì 12 febbraio, la presidente del WWF Italia si concentra proprio sul significato di questo dicastero: «avere un Ministero della Transizione ecologica, per come lo abbiamo immaginato, non significa creare un ministero monstre o cancellare l’attuale ministero dell’Ambiente ma rafforzarne le funzioni per guidare la transizione delle politiche industriali, energetiche, di gestione del territorio verso un obiettivo ambizioso: quello di affrontare in modo organico le crisi ambientali che minacciano il futuro del nostro Paese. […] Si tratta di un vero e proprio bazooka economico che può innescare il più grande cambiamento di sempre nel nostro Paese. Per questo è necessario dotarsi degli strumenti e della strategia giusta in grado di indirizzare, pianificare e gestire non solo risorse ma anche una precisa visione del Paese.»
La centralità di questo ministero ritorno anche nel discorso programmatico del presidente Draghi rivolto al Senato giusto ieri:
«vogliamo lasciare un buon pianeta, non solo una buona moneta»
è quasi lo slogan del nuovo governo, ben consapevole che nessuna azione umana sarebbe possibile in un mondo divenuto inospitale.
Insomma, sempre più si guarda al Ministero della Transizione ecologica come il cuore nevralgico dell’azione del prossimo governo, come un organo che dovrà stimolare un nuovo modo di fare impresa, la riconversione green di attività necessarie ma inquinanti e la generale attenzione a tutto campo sulla crescita sostenibile. Ci auguriamo che la trasformazione verde sia trasversale alle altre politiche, diventando l’ago della bilancia per molte scelte, impattando anche sui temi degli altri ministeri, dai trasporti all’economia.
Crediamo nella transizione ecologica perché ne facciamo già parte