L’8 giugno è stata la giornata mondiale degli oceani: una ricorrenza che celebriamo da ormai 18 anni per fare il punto della situazione sulla salute dei nostri mari e verificare se le azioni che abbiamo intrapreso siano efficaci o meno. Pensavi invece che celebrassimo la bellezza del mare o la gioia di divertirsi tra le onde? Certamente, la giornata mondiale degli oceani è pensata proprio per questo, per preservare la possibilità di fruire degli oceani e dei mari in questo modo anche in futuro. Ecco perché la questione dell’inquinamento marino ci riguarda: siamo noi il principale ostacolo a un mare incontaminato, pulito per noi e per le specie che ci vivono.
La giornata mondiale degli oceani e l’inquinamento: un mare di plastica
Il problema principali che riguarda mari e oceani è la plastica: si stima che ogni anno finisca in mare da 4,8 a 12,7 milioni di tonnellate di plastica monouso mentre, attualmente, ne sono già presenti 150 milioni di tonnellate (qui l’infografica del Parlamento Europeo); cifre spaventose che iniziano a farci capire perché si tratta di un problema sempre più pressante.
Secondo quanto la recente stima della Ellen MacArthur Foundation – fondazione americana che si occupa di economia circolare - i rifiuti di plastica inquineranno sempre più gli oceani: prevedono che entro il 2050, se seguiremo il trend di aumento della produzione, le masse di plastica presenti negli oceani saranno maggiori dei pesci.
Per dare una dimensione concreta a questo problema, pensiamo alle isole di spazzatura che galleggiano negli oceani: ne avete mai sentito parlare? La più tristemente nota è il Pacific Trash Vortex, un gigantesco ammasso di immondizia situato nell’Oceano Pacifico formatosi a partire dagli anni ’80 per azione della corrente oceanica, che in quella zona si muove a spirale, ammassando i detriti tra loro. Ormai la sua grandezza è superiore a quella del Texas e continua a crescere. Non è l’unica, purtroppo, né la situazione del nostro mare è migliore.
L’inquinamento marino in Italia: come sta il Mediterraneo?
Il Mediterraneo, infatti, è invaso dalla plastica: il report 2018 del WWF “Mediterraneo in trappola” la plastica rappresenta il 95% dei rifiuti in mare aperto, sui fondali e sulle spiagge e provoca oltre il 90% dei danni alla fauna selvatica marina.
Se guardiamo all’Italia, è importante analizzare il report su Italia e plastica 2019 del WWF: questo evidenzia come il nostro Paese da un lato subisca impatti pesanti avendo la maggiore estensione costiera nel Mediterraneo, dall’altro contribuisca all’inquinamento:
- L’Italia produce 4 milioni di tonnellate di rifiuti, di cui l’80% proviene dall’industria degli imballaggi
- ogni anno generiamo 3,9 milioni di tonnellate di rifiuti plastici, di cui mezzo milione riversati in natura e solo 1 milione è avviato al riciclo
- riversiamo nel Mar Mediterraneo 53mila tonnellate di plastica l’anno, di cui il 4% è trasportato dai fiumi italiani (il 3% solo dal Po); il 18% proviene dalle attività legate alle pesca che disperdono nasse, retine ecc; il 78%, quindi la grandissima maggioranza, invece, proviene dalle attività costiere a causa di una gestione inefficiente dei rifiuti, l’intenso flusso turistico e le attività ricreative
Insomma, c’è davvero molto su cui lavorare, anche se già sono stati fatti importanti passi avanti grazie all’applicazione della direttiva europea 2019/904 sullo stop alla plastica monouso, che ha portato tra le altre iniziative alla legge Salvamare.
Leggi il nostro approfondimento sulla plastica monouso
I problemi creati dall’inquinamento marino
L’inquinamento del mare genera tantissimi problemi, non solo la seccatura di trovarci a fare il bagno in mezzo a rifiuti e sporcizia (se già non fosse sufficiente): la dispersione della plastica in mare è una faccenda seria, che ci coinvolge su molteplici livelli. Partiamo da quello della salute:
- i rifiuti di plastica feriscono gli animali che possono restare intrappolati nei pezzi più grandi o addirittura possono scambiarne le parti più piccole per cibo
- l’ingestione di particelle di plastica impedisce la digestione degli alimenti normali, causando un intossicazione nei casi più blandi, fino a provocarne la morte
- tramite la catena alimentare, noi stessi mangiamo la plastica ingerita dai pesci. Gli effetti che questo passaggio ha sulla salute umana sono ancora ignoti, ma sappiamo che rimane nel nostro organismo
A livello economico, poi, i rifiuti di plastica sono causa di una grossa perdita per quei settori e quelle comunità che dipendono dai prodotti ricavati dal mare:
- l’inquinamento marino può causare danni alle imbarcazioni e agli attrezzi da pesca: le riparazioni e manutenzioni straordinarie di motori e barche sono tra le voci di costo con maggiore impatto, stimato in 8,7 milioni di euro
- si stima che la pulizia di un litorale mediamente inquinato costi circa 1300 euro per tonnellata raccolta, con un impatto totale stimato in 16,6 milioni di euro
- l’inquinamento da plastica può compromettere l’afflusso turistico verso le zone costiere, un comparto che genera il 12% del PIL nazionale. L’industria del turismo, inoltre, è quella che molto spesso sostiene i costi di pulizia delle aree costiere affinché mantengano la loro attrattività
- anche lo spreco della plastica è un problema: solo il 5% del valore degli imballaggi di plastica resta nell’economia, mentre il resto viene letteralmente gettato a mare
Dopo tutto questa carrellata di problematiche, pensiamo di aver reso evidente la necessità di un approccio incentrato sul riciclaggio e sul riuso, nonché sull’utilizzo di sostituti della plastica per il monouso. Certo, l’Europa e l’Italia si stanno muovendo pian piano verso l’economia circolare e prendendo provvedimenti più stringenti, ma dobbiamo ricordarci che anche noi, nel nostro piccolo, possiamo fare la differenza: basta anche solo non sprecare e non disperdere nell’ambiente i nostri rifiuti di plastica.
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